Description
19 agosto 1969. Mentre si ripulivano i prati di Woodstock, Miles Davis portò in studio un’«orchestra» senza precedenti: tredici solisti con chitarre e tastiere elettriche, quattro percussionisti, un clarinetto basso, un sax soprano. Con qualche appunto sulla carta e dopo solo una serata di prove, in tre mattine si registrò un disco la cui portata storica fu subito chiara. Fin dalla sua pubblicazione, Bitches Brew ridefinì il campo della musica contemporanea e influenzò intere generazioni di musicisti e di ascoltatori. Era ancora «jazz»? Molti parlavano del capostipite di un nuovo genere musicale che fondeva le sottigliezze improvvisative del jazz con l’energia del rock. Ma la vera, inaudita novità stava nelle proporzioni, nel respiro formale di brani insolitamente estesi per venti e più minuti, frutto di un sapientissimo lavoro di postproduzione. Visionario, psichedelico, progettato come un’opera musicale innovativa e allo stesso tempo pianificato come un gran de successo commerciale, Bitches Brew fu il risultato di una serie di esperimenti durati alcuni anni, durante i quali la visione artistica di Miles entrò in una fruttuosa tensione con gli interessi del suo editore, ma poté contare sempre sulla sottile mediazione del produttore-compositore Teo Macero.